È stato come se una vita sola non ti bastasse. E infatti ne hai vissute due, Lalla. Ricche entrambe.
Eri occitana, venivi da Demonte. Tuo padre era un geometra comunale con l’animo d’artista. Fu pittore e fotografo provetto. Tuo zio materno era Giuseppe Peano, il grande logico matematico. La vita, fin dall’infanzia, ti ha messo a disposizione tutte quelle persone che negli anni hanno sempre saputo indirizzare le tue passioni. Ma incontrare le persone giuste, non basta. Il tuo talento stava nel saperle riconoscere.
Lionello Venturi ti fu maestro di gusto negli anni dell’Università, a Torino. Fu lui ad indirizzarti da Felice Casorati, maestro d’arte. Diventasti una pittrice consapevole sotto il suo magistero. Fu questa la tua prima vita, fatta d’arte, pittura, mostre, esposizioni. E viaggi a Parigi, per aggiornare il tuo linguaggio pittorico, dove incontravi Venturi, transfuga dal regime, uno dei dodici dell’intero mondo accademico nazionale (che ne contava mille e duecento) che rifiutò di giurare fedeltà al Partito Fascista, preferendo l’esilio. Con questi esempi di dignità quanto ti fu naturale, anni dopo, entrare nella Resistenza, nelle fila di Giustizia e Libertà?
Sapevi riconoscere le qualità umane di chi incrociavi sulla tua strada. Amasti Innocenzo Monti, un semplice impiegato di banca, lo hai sposato nel 1932. In quegli anni Raffaele Mattioli, “il banchiere umanista”, decise di coltivare la sua intelligenza e le sue capacità. Cenzo, così lo chiamavi, fece carriera, fino a concluderla da Presidente della Banca Commerciale Italiana.
Fosti tu a disegnare i mobili della vostra casa (Casorati voleva che i suoi allievi fossero artigiani oltre che artisti), mentre Cenzo si preoccupò di trovare il falegname che eseguì gli arredi. Nacque Piero, l’unico tuo figlio, Torino divenne la vostra città.
Scrivere per te era ancora una attività privata, segreta quasi. Ardengo Soffici ti invitava a Forte dei Marmi, dove andavi per dipingere. Fu lì che, ai tavolini di un bar, incontrasti Eugenio Montale. Lo incuriosì il fatto d’essere stato riconosciuto. Non si sentiva di certo una celebrità. Finì che ti chiese di leggere i tuoi versi. Glieli portasti vergati in bella copia dentro una busta d’occasione, ma ad aprire la porta della stanza d’albergo fu Alberto Moravia. Il ricordo, negli anni, ti ha sempre divertito molto.
Montale annotò a matita i tuoi fogli, apprezzò tuoi versi. Fu forse il tuo primo lettore ufficiale. Ti rimase affezionato per tutta la vita. Fu così che iniziasti a scrivere per lui di mostre d’arte a Torino. Da pittrice, ma forse già da scrittrice. Poeta, per la precisione. Ché nel 1941 pubblicasti la tua prima silloge, “Fiore”, con Frassinelli. Ne regalasti una copia a Giulio Einaudi, con una dedica puntuta: “a chi non ha voluto stampare questo libro”. Nacque così la vostra amicizia, Lalla. Einaudi fu il tuo editore per tutta la vita.