La transizione tra prima e seconda metà XIX secolo

Già in veste di capitale del napoleonico Regno d’Italia (1805-1814), Milano era stata fervente laboratorio di progetti e riflessioni per il futuro della nazione. Le Cinque Giornate (18-22 marzo 1848) ripropongono a un livello più alto la medesima spinta patriottica che unisce ora la nobiltà illuminata, la borghesia e i ceti popolari, senza escludere le donne, e porta la questione italiana sulla ribalta internazionale.

Il 22 marzo del ’48 si instaura un governo provvisorio guidato da Gabrio Casati, che resta in carica solo fino ad agosto; nel frattempo, Milano vota l’annessione al Regno del Piemonte, mentre questo dichiara guerra all’Austria. Carlo Alberto di Savoia viene però sconfitto e Milano e la Lombardia tornano agli austriaci.

Intanto l’illuminazione a gas aveva portato lampioni in un centinaio di vie (1845) e la città cominciava a collegarsi con i suoi dintorni (nel 1846 viene aperto il primo tratto fino a Treviglio della linea ferroviaria Milano-Venezia).

Si fa largo intanto una nuova figura di intellettuale che, cercando una legittimazione autonoma al proprio ruolo, si allontana sempre più dalle corti e si ritaglia uno spazio proprio nella sfera pubblica. A Milano, in particolare, mentre si svolgono i primi dibattiti sulla protezione del diritto d’autore, il mondo delle lettere e delle arti contribuisce fortemente alla creazione di quella coscienza civile che, in pochi decenni, alimenta il processo di unificazione politica e di costruzione dell’identità nazionale. Le élite intellettuali lombarde esprimono il loro impegno secondo una pratica di collaborazione concreta in molteplici direzioni, dall’educazione letteraria a quella politica, dall’incoraggiamento delle arti e dei mestieri alla statistica, alla filantropia.

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