Fondazione Boschi Di Stefano

Antonio Boschi e Marieda Di Stefano

Collezionisti | Porta Venezia – Loreto | Tra le due guerre

Biografia

Antonio Boschi (Novara,1896-Milano,1988), Marieda Di Stefano (Milano,1901-1968). Antonio Boschi iscritto all’Accademia Militare, partecipa alla prima guerra mondiale, successivamente laureatosi in ingegneria al Politecnico di Milano, entra alla Pirelli dove elaboro oltre un centinaio di importanti brevetti. Sarà Il matrimonio con Marieda Di Stefano nel 1927, ceramista di origine marchigiana a risvegliare la comune passione per l’arte, che in quarant’anni di sodalizio produrrà la loro prestigiosa collezione di duemila duecentocinquanta opere dei primi sessant’anni de 900. Marieda al piano terra della loro casa aveva aperto una scuola di Ceramica.

Compravate opere d’arte. Quadri, suppellettili, disegni, sculture. La vostra ossessione. Spesso era un modo per dare una mano a giovani artisti squattrinati. Ma non era il miraggio del guadagno futuro che vi muoveva. Non cercavate un business redditizio. Compravate e non vendevate mai. Una volta, Marieda, eri a Parigi, da sola, volevi acquistare una pelliccia. Tornasti a casa, invece, con un enorme De Chirico arrotolato attorno ad un bastone, acquistato dalla collezione Rosenberg.

Compravate, di continuo. Tuo nipote, Marieda, che viveva, e vive tutt’ora, al piano di sotto al vostro, Alessandro Mendini – forse è vero che a stare in mezzo all’arte va a finire che si diventa artisti anche senza volerlo – ricordava con divertimento e affetto il vostro continuo picchiettare sui muri. «Ogni sera sentivo il loro martello che batteva alle pareti per piantare i chiodi che servivano a fissare nuovi quadri o a spostarli».

Un’ossessione, la vostra. Opere ovunque. Così tante che negli anni le pareti sembrava non bastassero più. Le ante delle porte, gli scuri delle finestre: quadri ovunque. Intere collezioni di disegni originali pigiate sotto il letto matrimoniale.

Durante la seconda guerra trasferire la collezione a Bedizzole, sul lago di Garda, per paura dei bombardamenti, fu un’impresa titanica. Altrettanto riportarla indietro, riappendere i quadri, fare spazio alle nuove acquisizioni. Eri un rotariano, Antonio, avevate il palco alla Scala, come era d’uopo, incontravate amici per le strade della città, ma era il vostro scrigno delle meraviglie il luogo deputato dove incontrare, alle vostre cene mensili, convitati e artisti.

Oltre duemila opere d’arte stavano stipate in casa vostra. Così tante che ci si poteva fare un museo. Così è stato, in effetti. Con la prima donazione che hai fatto, Antonio, nel 1974, il Comune di Milano ha potuto inaugurare in pompa magna il Civico Museo di Arte Contemporanea. Il nucleo più saldo e prezioso di quello che oggi si chiama il “Museo del ‘900”, finito di allestire nel 2010 da Italo Rota proprio all’Arengario, palazzo progettato, fra gli altri, da Piero Portaluppi, ovviamente.

La vostra era un’ossessione, è vero, ma non era cieca. Non accumulavate senza discernimento. Avevate idee chiare su cosa collezionare. Nel vostro salotto passavano artisti come Sironi, Martini, Savinio, Fontana. Perché amavate la loro opera, spesso quando ancora non erano conosciuti ai più.

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