Ci vuole la visionarietà di Livio, per capire il tuo modo di lavorare, Achille. Livio, tuo fratello maggiore, che si laurea in architettura e apre lo studio con un compagno di corso, Luigi Caccia Dominioni, subito seguiti da Pier Giacomo, l’altro fratello. Dove? Inutile dirlo: in Porta Nuova. Giusto il tempo di aspettare che pure tu finissi l’università, entrassi a studio. Terminata la guerra Caccia Dominioni decise di andare per la sua strada e Livio iniziava già ad avere altre cose per la testa. Era affascinato dalla scienza, dalle onde radio, dalla musica, dalla tecnologia. In quegli anni voi tre fratelli progettaste assieme il ricevitore Novaradio. Ed era in fondo un modo di mettere in pratica, rendere professionale, le vostre avventure infantili. Ti ricordi quando con Livio e Pier Giacomo, avevi dieci anni, nella soffitta di casa avevate realizzato due radioricevitori e una trasmittente?
Non avete mai smesso di giocare, voi tre. Anche dopo la guerra, ormai adulti, andavate a pranzo la domenica sopra lo studio di vostro padre, al primo piano, dato che l’appartamento di famiglia era stato bombardato. Quanti eravate fra genitori, figli, nipoti? Quante partite al pallone in quel cortile ottocentesco di Corso di Porta Nuova, fra artigiani e gatti randagi? Livio vi faceva sentire come dei pionieri. Anche da grandi non avete mai smesso di giocare, con quella serietà che solo i bambini hanno. Giocare per sperimentare, per imparare, come pionieri, nuove forme, nuovi modi di vedere il mondo. Livio lasciò lo studio per diventare consulente della Phonola prima e della Brionvega poi. Ma voi tre non avete di certo smesso di giocare assieme. Soprattutto quando a Lierna liberavate mongolfiere di carta velina che poi dovevate inseguirle, fino in acqua, su una barca, per recuperarle. Imparavi cos’era la leggerezza, cos’era l’essenzialità. La sostanza dell’effimero.
Tutto questo ti tornava utile quando con Pier Giacomo dovevate progettare gli allestimenti per i padiglioni della RAI, o della Montecatini o della ENI, alla Fiera di Milano, quella specie di Esposizione Universale in sedicesimo, che ad ogni primavera faceva il punto sullo sviluppo delle tecnologie e delle novità imprenditoriali. Cantieri del transitorio, giardini delle meraviglie, dove artigiani, muratori, elettricisti, costruivano mondi fantastici e precari. Con voi c’erano, a preparare gli allestimenti, grafici come Tovaglia, Provinciali, Bianconi, Iliprandi, Mondaini . Quante notti in bianco per arrivare in tempo alla consegna.
Ci vuole la precisione di Max Huber per capire cos’è l’amicizia per te, Achille. Si racconta che Huber, giunto a Milano per un colloquio di lavoro non avesse con se un biglietto da visita. Si racconta che lo fece lì, al momento, vergandolo su un talloncino di cartone, accurato come fosse stato stampato a caldo. Il tuo era un lavoro fatto di scambi, collegiale, dove ognuno imparava da ognuno. Ma oltre la professione c’erano i rapporti personali. Quando voi tre fratelli andaste al suo matrimonio, a Zug, per festeggiare l’evento, come dispettosi artificieri, improvvisaste per gli sposi uno spettacolo pirotecnico. La vostra fu un’amicizia che durò una vita.