Fondazione Studio Museo Vico Magistretti

Vico Magistretti

Architetto-Designer | Porta Venezia – Loreto | Dagli anni Sessanta verso la fine del millennio

Biografia

Fra le sue opere di architettura a Milano: la chiesa S. Maria Nascente al QT8, la Torre del Parco Sempione, la casa di piazzale Aquileia, la casa in piazza S. Marco, il deposito MM Famagosta. Nel campo dell’industrial design ha collaborato con importanti aziende fra cui: Artemide, Cassina, De Padova, Flou, Oluce, Schiffini, Fritz Hansen, Kartell, Campeggi. Ha vinto numerosi premi tra cui il Compasso d’oro nel ‘67 per la lampada Eclisse, nel ‘79 per la lampada Atollo e il divano Maralunga, nel ‘95 ha ricevuto il Compasso d’oro alla carriera.

Avevi un’eleganza britannica, pacata, Vico. Unica concessione all’eccentricità le tue calze rosso acceso. Dettaglio ironico e festoso. Rosso come molti tuoi progetti urbani sparsi per tutta Milano. Rosso come doveva essere in origine la Torre del Parco Sempione. Torre e non grattacielo, alla maniera della Velasca, per aderenza alla tradizione toponomastica meneghina. Rosso, come l’edificio di via San Marco. Ma non di un rosso qualsiasi. A cantiere aperto ti aveva colpito il colore della giacca di un passante. Eccolo il rosso che cercavi. Fu quasi comico convincere l’anonimo viandante a venderti la giacca, per portarla con te in cantiere.

Quando negli anni Settanta andasti a vivere in via del Gesù trovasti un’ottima scusa per fare le tue passeggiate mattutine, da casa a studio. Passando però prima all’esposizione di De Padova in Corso Venezia, per un caffè e due chiacchiere con gli artigiani o con Maddalena, artefice del gusto industriale, cacciatrice di talenti, imprenditrice lungimirante.

Avevi frequentato il Parini, come la buona borghesia imponeva, ti fregiavi della tua cultura classica, della tua sensibilità umanistica. Il primo computer in studio è arrivato solo nel 2003, ma non avevi disprezzo della tecnologia, semplicemente non ne sentivi il bisogno. Ti interessavano le idee. Facevi concept design, mai avresti voluto, nella vita, “disegnare il salotto della contessa”. Non eri un arredatore, la tua casa londinese, quando al culmine della tua fama internazionale iniziasti a frequentare il  Royal College of Art, era piena di oggetti inventati da te. Spesso scomodi. Un laboratorio del pensiero, non un museo autoreferenziale.

Ci sono tuoi edifici in tutta Milano, dalle torri del Gallaratese al deposito di Famagosta, dalla chiesa del QT8 al dipartimento di Biologia in Città Studi. E dove non potevi portare la tua architettura, hai portato i tuoi oggetti concettuali: sedie, divani, tavoli, librerie. Ecco il tuo modo di far conoscere la milanesità al mondo. Con poca, pochissima teoria e molta sensibilità. Essere pratici ed emotivi assieme. Ogni tuo oggetto è una narrazione. Spesso ad ispirarti erano i romanzi che leggevi, avido. Fu la lettura dei Miserabili di Victor Hugo, ad esempio, a farti venire in mente l’eclisse. Eri in metropolitana, stavi pensando alla descrizione della lanterna di Jean Valjean in fuga. Hai subito chiuso il libro, hai vergato un appunto, uno schizzo, sul retro del biglietto tramviario. E così nacque la tua lampada più famosa. Che, negli anni, avevi persino iniziato a detestare. “Me la metteranno pure sulla tomba”, dicevi caustico.

Sul tuo sepolcro la lampada non c’è, Vico, sta’ tranquillo. Ti hanno tumulato nella tomba di famiglia, assieme alla tua stirpe di architetti milanesi. Al Cimitero Monumentale ovviamente, com’era giusto, come tradizione borghese prescrive per i figli illustri di questa città.

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