Museo Poldi Pezzoli

Gian Giacomo Poldi Pezzoli

Collezionista | Da piazza San Babila a via Manzoni | La transizione tra prima e seconda metà XIX secolo

Biografia

Patriota risorgimentale, fu esiliato nel 1849. Rientrato in patria, avviò il progetto di una casa museo cui dedicò l’intera esistenza. Grazie all’eredità del padre e alla educazione ricevuta dalla madre, Rosa Trivulzio, poté accumulare incredibili capolavori acquistati in Italia e all’estero. In contatto con grandi conoscitori italiani e inglesi, morì a 57 anni, celibe e senza figli, non prima di aver legato ad una fondazione artistica i suoi quasi duemila oggetti, tra dipinti e arti applicate.

Ché quello era il tuo vero, autentico figlio. Dopo il tumulto delle passioni amorose di gioventù e, soprattutto, dopo il tumulto delle passioni politiche. Ti iscrivesti al Circolo dell’Unione ancora diciannovenne, quando aveva la sede in Contrada San Giuseppe (oggi la chiamiamo via Verdi quella strada, a memoria di un altro grande milanese acquisito). Il Circolo si trasferì poco dopo, sopra il Caffè Cova, a pochi passi dal tuo palazzo. Rifugio di patrioti inquieti, luogo dove tessere trame antiaustriache. Che fu chiuso d’imperio nella notte fra il 4 e 5 gennaio del 1848 dalla polizia, consapevole che eravate stati voi a organizzare lo sciopero del fumo, quando per giorni i milanesi smisero di comprare tabacco e giocare al lotto, per intaccare le finanze austriache. Va bene non amare il piede straniero sopra il cuore, ma toccare la cassa era peggio di un insulto. La reazione scomposta a questa protesta pacifica provocò i primi morti meneghini, l’antefatto delle Cinque Giornate, quando il popolo insorse per davvero e scacciò l’esercito invasore. Tu finanziasti generosamente l’insurrezione, il tuo palazzo divenne sede del comitato di sussistenza. Quando il maresciallo Radetzky tornò, armato fino ai denti, ti rese pane per focaccia, mettendoti le mani in tasca con una multa spropositata, 600.000 lire austriache, e confiscando il tuo palazzo, trasformato poi in alloggi per militari. Hai girato, in esilio, per un paio d’anni: Lugano, Parigi, Londra, con un percorso di continuo avvicinamento verso casa che ti portò a Firenze – sempre con tua madre che continuava ad educarti al bello e all’arte – e finalmente a Milano, dopo aver pagato il fio.

Bertini, ritratto di Giacomo Poldi Pezzoli
Bertini, ritratto di Gian Giacomo Poldi Pezzoli

Tutto cambiò. La tua fu una strategia politica raffinata. Inattaccabile. Se la politica attiva non poteva più essere il tuo campo d’azione, decidesti di operare nella politica culturale. Pagasti, è vero. E rilanciasti, raddoppiando la mole del tuo palazzo, costruendone uno identico e speculare: sono tornato e sono più grande di prima! Nella terrazza che collegava i due palazzi posasti l’enorme gruppo scultoreo di Lorenzo Bartolini ereditato da Rosina. Come simbolo della ricchezza di ciò che si sarebbe trovato entrando a casa tua, porto franco della cultura meneghina. Una copia bronzea della scultura è ancora lì, basta passare per vederla. Fu da subito marcatore territoriale, presente in ogni guida del gran tour. Cerniera che guardava verso la strada e si faceva vedere oltre il giardino interno, verso la casa di Alessandro Manzoni, l’autore del romanzo fondatore dell’identità nazionale.

Il tuo progetto era chiaro e incontenibile. Sovvenzionasti la prima esposizione di Brera, nel 1851, dopo che gli austriaci l’avevano soppressa per anni. Bisognava ricominciare dall’arte. Sapevi, ne eri cosciente, che è nell’arte che un popolo senza patria sapeva riconoscere la sua storia, la sua gloria. Avevi conosciuto il mondo, vero, ma non avevi la necessità di girarlo per trovare quello di cui avevi bisogno. Milano era, in quegli anni, il centro del più importante mercato d’arte e di antiquariato d’Europa. Se c’era da acquistare era qui che bisognava farlo: tappeti, arazzi, ceramiche, arredi, sculture, quadri. Tutto. I tuoi pari vendevano i beni di famiglia per tenere alto il tenore di vita. Tu compravi. Non eri interessato alla vita mondana, il palco alla Scala spesso lo cedevi generoso agli amici. Ti si trovava in Brera, invece. All’Accademia oppure nello studio di Giuseppe Molteni, amico caro, pittore e antiquario.

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