La prima metà del XIX secolo

L’ingresso degli austriaci a Milano, il 28 aprile del 1814, segna la fine della stagione napoleonica. Al tavolo delle trattative del Congresso di Vienna, nulla rimane del Regno d’Italia, di cui Milano era stata capitale; nasce invece il Regno Lombardo-Veneto, ed è solo una provincia dell’Impero asburgico. Dell’albero della libertà eretto in piazza Duomo, proprio di fronte al Caffè Commercio nel maggio 1796, per salutare l’ingresso delle truppe francesi, nulla resta.

Ma la scintilla dell’ispirazione nazionale che Napoleone aveva, seppure involontariamente, innescato aveva fatto accendere progetti di indipendenza politica, non di rado legati a visioni di un’Italia unita e completamente libera dallo straniero. La breve ma intensa stagione del “Conciliatore” (1818-1819), sulle cui pagine trovano ospitalità non solo le idee liberali e patriottiche ma anche le più avanzate correnti della cultura europea, testimonia dei fermenti che attraversano la città. I moti del 1820-21 arrivano anche a Milano, dove l’esperienza delle società segrete di ispirazione carbonara fallisce drammaticamente. Si deve aspettare il ’48, perché le speranze tornino ad accendersi.

Alessandro Manzoni, che negli anni Venti è intento alla stesura del suo capolavoro, I Promessi sposi, è anche testimone e interprete delle attese e delle speranze dei liberali milanesi: sua è l’ode Marzo 1821, che le immortala nel celebre verso “Oh giornate del nostro riscatto!”.

Tutto si muove in città: nel 1823 apre presso Palazzo dei Giureconsulti la Cassa di Risparmio, prima a Milano e poi in altre sette province lombarde, e nascono anche i primi asili d’infanzia, per iniziativa di Ferrante Aporti, mentre nel 1838, viene fondata la Cassa di incoraggiamento per le arti e i mestieri che, intercettando la modernizzazione delle strutture produttive di diversi settori, da quello agricolo al tessile, offre qualificati corsi di formazione e di preparazione al lavoro.

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