Il secondo dopoguerra

I primi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale sono anni di dolorosa ricognizione dei danni bellici, di presa di coscienza del compito urgente della ricostruzione – dei quartieri e degli edifici distrutti dalla guerra, come anche del tessuto economico e delle infrastrutture – e del suo coraggioso avvio. Il concerto diretto da Arturo Toscanini l’11 maggio 1946 sul palco del Teatro alla Scala, gravemente danneggiato dai bombardamenti dell’agosto 1943 e ricostruito in tempo record, è il simbolo delle speranze, dell’attivismo e della concretezza che animano ceti dirigenti e cittadini milanesi. Nello stesso anno nasce infatti anche la Casa della Cultura e, all’inizio dell’anno successivo, il progetto del Piccolo Teatro è già in corso d’opera, segni tutti dello slancio verso il futuro.

Le prime elezioni dopo il ventennio fascista, svoltesi il 7 e l’8 aprile 1946 riconfermano la fiducia in Antonio Greppi, già insediato nell’aprile dell’anno precedente dal CLNAI come sindaco della transizione; la sua giunta è di ampia ispirazione socialista e riformista. Il compito che l’aspetta è arduo. Come ricorda lo stesso Greppi, ci sono infatti milioni di metri cubi di macerie da sgombrare, 1400 palazzi distrutti e 11.000 danneggiati, quasi 250.000 locali da ricostruire o da riparare, decine di edifici scolastici gravemente danneggiati o rasi al suolo, 13 padiglioni d’ospedale abbattuti, 20 centralini di sollevamento dell’acqua potabile più o meno danneggiati, centinaia di migliaia di mq di pavimentazione stradale gravemente danneggiati. Senza contare gli edifici pubblici che hanno subito danni gravissimi, tra cui Palazzo Marino, il Castello Sforzesco, Brera, la Galleria Vittorio Emanuele, i Portici meridionali, il Palazzo Sormani, il Museo Poldi Pezzoli, la Triennale, l’ex Palazzo Reale e l’ex Villa Reale, il vecchio Ospedale Maggiore, il Museo di Storia Naturale, l’Acquario, l’Arena, il Teatro Manzoni, il Velodromo Vigorelli. E 50.000 piante distrutte su 80.000 esistenti nel 1942.

Sono gli anni duri ma anche pieni di speranza della ricostruzione, per Milano come per il resto dell’Italia, ma è ora che si gettano le basi del miracolo economico che cambierà davvero il volto del paese nel decennio successivo.

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