Prima della Milano da bere: artigiani e artigianato tra Montenapoleone e Brera

Già nel Rinascimento, l’artigianato milanese vantava armaioli, gioiellieri, vetrai, nonché ricamatori e tessitori di sublime capacità, i cui manufatti approdavano nelle dimore e nei palazzi delle aristocrazie italiane ed europee, pronte a sborsare cifre esorbitanti per accaparrarseli. La topografia milanese conserva traccia dell’addensarsi delle botteghe in alcune strade del più antico cuore cittadino, tuttora via Orefici, via Armorari, via Speronari.

Forse meno noto è che ancora negli ultimi due decenni dell’Ottocento e nei primi due del Novecento i quartieri che oggi consideriamo quelli della Milano più chic e della vita notturna più movimentata, vale a dire il quadrilatero della moda e Brera, presentavano un volto per certi versi più simile a quello delle operose contrade quattro cinquecentesche che non a quello odierno. In quegli anni, una passeggiata entro la cerchia dei Navigli, nel reticolo di strade tra via Senato, via Manzoni e corso Vittorio Emanuele, avrebbe mostrato le lussuose residenze della nobiltà e dell’alta borghesia, con le loro eleganti facciate neoclassiche e i giardini interni di inaspettata bellezza, e tra loro, forse proprio nei loro locali al piano strada, magazzini, empori e botteghe artigianali in quantità.

Erano forse proprio i costumi di quelle ricche famiglie, i loro desideri di bene apparire in società, l’agio di cui amavano circondarsi, lo sfarzo di certe occasioni, così come le più minute ma innumerevoli esigenze dell’ordinaria manutenzione dei loro palazzi ad attirare quelle piccole imprese, spesso a conduzione famigliare, che altrettanto frequentemente si tramandavano per qualche generazione di padre in figlio. Certo è che non vi era che l’imbarazzo della scelta.

Sappiamo ad esempio che i fratelli Bagatti Valsecchi si rivolgevano per le tappezzerie in carta a Giovanni Ferro, artigiano e rivenditore di carte da parati francesi e inglesi, in via Montenapoleone 49, oppure al 29 a Luigi Vignolo, mentre per quelle in stoffa c’era Giuseppe Galli, nella stessa via ma al 6, e poco più in là, al civico numero 11, Paolo Berera, a cui affidavano la manutenzione degli apparecchi a gas. Per le cornici, invece, si servivano da Enrico Brunetti, doratore e verniciatore prima in via del Gesù 23, poi in via Spiga 15, da Innocente Cattaneo, in via Manzoni 25, ebanista e intagliatore con negozio di antiquaria, per restauri e acquisti di oggetti e per i camini, le stufe e i fornelli da Michele Castelli in via Santo Spirito dove avevano bottega anche i Confalonieri, fratelli falegnami. Accanto a Brunetti, in via del Gesù al 3, per qualche tempo avevano anche trovato il loro fabbro, Luigi Brioschi, e un altro in via Spiga 34, Emanuele Restelli.

Nelle medesime strade e nei medesimi decenni, i duchi Visconti di Modrone avevano il loro doratore e verniciatore di fiducia, Giovanni Peri, che aveva bottega in via Manzoni 25, e che si portavano anche nella loro villa di Vaprio d’Adda; il vetraio Achille Perego in via Spiga 8, per manufatti ordinari e di lusso; e a Giovanni Rizzio, in via Montenapoleone 6, si rivolgevano per le macchine da caffè, le vasche da bagno e le lucerne. Mentre gli Arese Lucini andavano in via Manzoni 50 dai Fratelli Zedda (fornitori ufficiali anche delle Ferrovie dello Stato) per la manutenzione dell’impianto elettrico, campanelli compresi, della loro casa milanese e della villa di Osnago, e da Pietro Pagani e Fratelli Varisco, falegnami in via Spiga 8 per i parquet.

Spostandosi nella zona attorno all’Accademia di Brera, le abitazioni si facevano meno prestigiose e le vie più strette, ma da via dell’Annunciata, passando per Fiori Chiari, via Solferino e via Pontaccio, fino a Porta Garibaldi, si allineavano altrettante botteghe, con la stessa alternanza di negozi di lusso e piccoli laboratori per lavori ordinari: i fratelli Calderara, lavoranti e rivenditori di pietre di ogni genere, Ernesto Bossi idraulico e ramiere, Federico Castiglioni, apparecchiatore di gas e luce elettrica, Gaetano Chiodoni tornitore, i falegnami Giovanni Barlassina e Ambrogio Barzaghi, i soci pittori, decoratori e stuccatori Caremi e Bottari, il Bertoli fu Ambrogio sostraio, i tappezzieri Carmine e Mobiglia, Angelo Comi stuccatore, solo alcuni dei molti artigiani che soddisfacevano le richieste di una città in crescita.

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