La nascita del Piccolo Teatro

Durante la seconda guerra mondiale, il palazzo al numero civico 2 di via Rovello, già di proprietà della famiglia Carmagnola, è noto ai milanesi per aver a lungo ospitato il cinema Broletto e, dal settembre 1943 all’aprile 1945, più tristemente, il Comando della Legione Ettore Muti, vale a dire una centrale di polizia provvista di celle di isolamento e camere di tortura.

Chiusa la triste vicenda della guerra e del fascismo, nel gennaio 1947, la giunta comunale di Milano, guidata dal sindaco Antonio Greppi, con Lamberto Jori assessore alla cultura e agli spettacoli, decide di destinare quegli stessi locali a un nuovo uso: il primo teatro stabile di prosa pubblico in Italia.

L’impresa era stata fortemente voluta da Mario Apollonio, professore all’Università Cattolica; Giorgio Strehler, attore e regista già noto; Paolo Grassi, attore, critico, organizzatore di cultura, animatore durante la guerra della Sala Sammartini, dove aveva incrociato Strehler e messo in scena opere di Ernesto Treccani; e Virgilio Tosi, già collaboratore dell’Ente Teatrale Italiano. E certo non si può dimenticare il ruolo svolto da Nina Vinchi.

Nonostante l’urgenza e la gravità dei problemi che il governo di Milano deve affrontare, esiti disastrosi dei lunghi anni di guerra, le istituzioni rispondono all’appello, e si assumono la gestione del Piccolo Teatro della Città di Milano (questo il suo nome), affidandone la direzione artistica a una commissione di esperti di cui i quattro promotori fanno parte.

Ma la città stessa non si tira indietro: accanto a loro, infatti figurano tra i soci fondatori anche molti esponenti della borghesia imprenditoriale e delle professioni, nonché banche, come la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, e aziende, come la Motta e l’Alfa Romeo.

Il Piccolo Teatro insomma è davvero “della Città di Milano”, che lo adotta tributandogli da subito un successo che poi non gli farà mai mancare. Esso, a sua volta, intende non solo accogliere il pubblico già pronto e preparato, ma crearne di nuovo, scovandolo soprattutto nelle strade e nelle fabbriche, vale a dire nei ceti più popolari e meno istruiti: se il teatro ha una funzione sociale e identitaria, come è scritto nella lettera programmatica pubblicata sul Politecnico nel fascicolo di gennaio-marzo 1947, allora a tutta la comunità deve rivolgersi.

Il sipario si apre per la prima volta il 14 maggio dello stesso anno: in scena L’albergo dei poveri, di Maxim Gorkij, regia di Giorgio Strehler, con Armando Alzelmo, Antonio Battistella, Tino Bianchi, Lilla Brignone, Marcello Moretti, Salvo Randone, Gianni Santuccio, Giorgio Strehler, Elena Zareschi, Lia Zoppelli, protagonisti di molte delle successive produzioni.

Tra maggio e giugno vanno in scena, tutti con la regia di Strehler, Le notti dell’ira, di Armand Salacrou, Il mago dei prodigi, di Pedro Calderón de la Barca, e Arlecchino servitore di due padroni, di Carlo Goldoni.

+